Intervista a Cesare Pinotti
Conosciamo meglio Cesare Pinotti, sia come artista ma soprattutto come uomo.
D. Buongiorno sig. Pinotti, facciamo due chiacchere tra amici in modo da inquadrare meglio la sua attività e i suoi trascorsi.
R. Tra amici ci si da del “tu”, quindi, se sei d’accordo, vorrei accantonare formalismi e stereotipi. Il rispetto lo si da e lo si ottiene in altri modi.
D. Certamente, siamo anche più rilassati. Presentati.
R. Grazie mille per questa opportunità.
Mi chiamo Cesare Pinotti, vivo a Reggio Emilia, dove sono nato, cresciuto e lavoro. Dovrei in verità dire “lavoravo” in quanto, essendo in pensione, potrei in effetti smettere. Tuttavia la grande passione e il piacere per il mio lavoro lo hanno trasformato in qualche cosa di essenziale per il mio equilibrio, al di là degli aspetti economici, importanti ma non assoluti.
Sono titolare di uno studio di progettazione meccanica. Ci siamo occupati, nel corso degli anni, di vari aspetti e in diversi campi della materia e questo mi ha consentito di ampliare e diversificare le esperienze, contribuendo alla mia elasticità nell’affrontare le varie problematiche.
D. Questo però, scusami, cosa c’entra con l’arte? Mi spiego meglio, la tua impostazione e il tuo modo di vedere le cose è quella di un tecnico, dove razionalità e rispetto degli schemi è essenziale. L’arte, se mi permetti, è apparentemente molto lontana dal tuo mondo, è intuizione, libertà di espressione, qualche volta provocazione.
R. Verissimo quello che dici, e questo, in qualche modo, sta condizionando il mio modo di intendere e fare arte. Uso volutamente il presente in quanto, non avendo un significativo passato artistico, ho cominciato a dipingere nel 2010, sono ancora alla ricerca di un mio stile personale, che mi caratterizzi in modo significativo.
D. Quindi è poco più di un decennio che dipingi. Be devo dire, in tutta onestà, che hai raggiunto un ottimo livello. Complimenti.
R. Grazie, molto gentile. Si, padroneggio abbastanza bene la tecnica. Se da un lato il mio lavoro ha condizionato il mio stile, dall’altro mi ha aiutato a comprendere le problematiche tecniche legate alla realizzazione di un’opera. Precisione e cura dei particolari sono caratteristiche che ricerco, il tutto nel rispetto di un realismo accettabile ma mai fine a se stesso. Nei miei quadri, infatti, l’aspetto realistico è fondamentale, ma ancora più importante è il contenuto, il messaggio che cerco di dare alla rappresentazione.
D. Quindi la tua collocazione artistica può essere inquadrata nello stile iperrealista, giusto?
R. Non proprio. L’iperrealismo è fondamentalmente un’altra cosa. E’ ricerca quasi ossessiva della perfezione, della qualità fotografia, spesso si va oltre la fotografia. Ammiro molto chi è in grado di esprimersi a questi livelli, ma spesso, queste opere, bellissime nella loro forma esteriore, risultano fredde e distanti. Una natura morta, ad esempio, eseguita in maniera perfetta, attrae subito l’attenzione e l’ammirazione di chi usufruisce dell’opera, ma spesso non lascia libertà di interpretazione.
D. Quindi, con questa affermazione, dai credito ai quei movimenti avanguardistici e di rottura che al giorno d’oggi vanno molto di moda.
R. Assolutamente no, è l’esatto contrario. Io sono un sostenitore del bello. La bellezza, senza scomodare Dostoevskij, sta negli occhi di chi guarda, dell’artista che, esteriorizzando i propri sentimenti, permette a chi guarda le proprie creazioni, di entrare nella sua anima, nella sua più profonda intimità, e questo, a mio parere, è bellissimo, quasi commovente.
D. Ho detto, all’inizio di questa intervista, che siamo anche più rilassati ma stiamo andando su concetti piuttosto impegnativi che meriterebbero altre riflessioni e altri contesti, quindi riporterei la nostra chiacchierata alla tua conoscenza personale e più approfondita.
R. Be in realtà stai scavando in profondità nel mio animo, nel mio modo di concepire e affrontare la vita. E’ quello che francamente vorrei che gli altri sapessero di me. I numerosi premi e riconoscimenti che in questi ultimi anni ho ricevuto, le manifestazioni di approvazione che la mia arte ha avuto, ovviamente mi inorgogliscono e mi fanno estremamente piacere, ma non sono aspetti primari che vado ricercando. La partecipazione a mostre, sia personali che collettive, ai vari concorsi a cui ho partecipato, li ho intesi soprattutto come momenti di confronto e condivisione con altri artisti.
Comunque, per l’autostima , sono importantissimi. Hahahaha.
D. Come vuoi concludere questo nostro piacevole incontro?
R. Vorrei riportare quello che mi disse un signore, che non conoscevo, in visita ad una mia mostra. Nelle sue parole c’è l’essenza di quello che ho cercato e cercherò di fare nel mio prossimo futuro. Lo ritengo uno dei più bei complimenti che ho ricevuto e proprio per questo, lo voglio rivolgere a chi ha voluto leggere queste righe, condivise o no, di questa sgangherata e falsa intervista.
Mi disse: Non sprechi il suo talento.